DE(EP)LIGHT: Padiglione Lussemburgo alla Biennale di Architettura di Venezia 2018: The Architecture of the Common Ground
Per una sfortunata coincidenza, il Padiglione Lussemburgo alla 16ma Mostra Internationazionale di Architettura – La Biennale di Venezia, affronta esattamente il tema principale della mostra: FREESPACE, lo SPAZIO LIBERO.
Una coincidenza non fortunata, infatti, ma sfortunata. This is because, in Luxembourg, there is no more FREESPACE. Almost.
Entrando nel padiglione, c’è un corridoio di una mezza dozzina di metri che portano alla mostra. Quando si arriva al centro, si realizza che il corridoio non è solo un’entrata affascinante. Ma è parte integrante della visita.
Un cartello avverte: “Questo corridoio rappresenta l’8% della superficie della sala. In Lussemburgo solo l’8% di un terreno edificabile rimane proprietà pubblica“.
La scelta su cosa fare, quindi, si fa decisiva: come impiegare questo spazio per poter garantire ancora dello FREE SPACE ai cittadini?
“The Architecture of the Common Ground“, la mostra al padiglione Lussemburgo, organizzato da LUCA Luxembourg Center for Architecture e curato da Florian Hertweck, per l’University of Luxembourg e Andrea Rumpf per LUCA, con il co-curatore Philippe Nathan, propone la sua risposta.
Padiglione Lussemburgo – The Architecture of the Common Ground: Economia, Politica e Architettura
La questione della mancanza di spazio, la volontà/necessità di continuare a costruire e lo spazio libero [FREE SPACE] riguarda diversi aspetti.
Per citarne i 3 più importanti: economia, politica, architettura.
L’aspetto economico è forse il più semplice da comprendere. La situazione attuale, come dice il testo ufficiale di presentazione del padiglione, deriva direttamente da ciò che è accaduto finora: «Nel secolo scorso la privatizzazione dei terreni e la speculazione soprattutto nelle città sono drammaticamente aumentate».
Ecco quindi la scelta politica da fare: la mostra è «un appello a considerare il suolo come un bene comune, indispensabile e non aumentabile, come l’aria e l’acqua. Solo così riusciremo a far evolvere le nostre città in modo socialmente ed economicamente sostenibile».
Con queste premesse, come può operare oggi l’Architettura?
Padiglione Lussemburgo – The Architecture of the Common Ground: l’idea di una lezione di Storia
Una volta superato il corridoio, si entra nell’area espositiva del padiglione: ci si trova immersi in un modello in scala 1:33 di quella che potrebbe essere una variante della “Ville Radieuse” di Le Corbusier. Una serie di palazzi sparpagliati per la stanza.
Qui comincia la “lezione di storia” tenuta nel padiglione. L’idea dei curatori, che può sembrare forse troppo “conservativa”, è di mettere i visitatori di fronte ad una serie di progetti del passato, elaborati o realizzati fin dall’inizio del ventesimo secolo.
Ai visitatori viene proposto un gesto antico e fuori moda, che sembra però nuovissimo: studiare la storia. Non solo conoscere i progetti e gli architetti che vengono insegnati all’università, ma guardarli in un modo nuovo. Provando ad ottenere dati concreti per la discussione degli spazi abitativi ad alta densità.
Padiglione Lussemburgo – The Architecture of the Common Ground: variazioni sul tema “The International Style”
Dai progetti di El Lissitzky (1924) e Le Corbusier (ovviamente, con un progetto del 1936), a quelli di Studio SNCDA (2014) e HHF (2014), passando da Luigi Snozzi (1957), Aldo Rossi (1962), e altri.
Il tema dei progetti è chiaro fin da subito, e la soluzione, forse, è tanto banale all’apparenza, quanto geniale nella sostanza: se non si può utilizzare spazio in orizzontale, che si proceda in verticale.
Per dirla brevemente è una delle lezioni del Movimento Moderno, o International Style.
Tutti i progetti hanno in comune un minimo spazio “orizzontale“ occupato (quindi di suolo “consumato”) rispetto alla superficie totale sviluppata attraverso la sovrapposizione dei piani in verticale.
Le varianti principali sono due:
- Edifici a “colonna” (come i simbolici “grattacieli di New York”, per intenderci), sviluppati principalmente in verticale;
- Edifici a “piastra“, che hanno delle piccole “gambe” piantate a terra, ed un ampio sviluppo orizzontale, ma solo nella parte superiore, senza occupare direttamente la terra.
Del primo gruppo fanno parte la Trailer Tower di Paul Rudolph (1954), la Residential Tower di Snozzi, la Tower della University of Luxembourg (2018).
Del secondo gruppo fanno invece parte il Wolkenbugel di El Lissitzky, l’Ilot insalubre 6 di Le Corbusier, l’Habitat of the Future di Nathan Osterman (1956), la Locomotiva 2 di Aldo Rossi (1962, anche se il progetto è più articolato e meno “identificabile” degli altri), la Structure 1, Structure 5 di Studio SNCDA (2014), il Parking & More di HHF (2014) e l’edificio Slab della University of Luxembourg (2018).
Padiglione Lussemburgo – The Architecture of the Common Ground: Vecchie soluzioni, vecchi (e nuovi) problemi
Il lavoro di ricerca è encomiabile. E serve a spiegare come la soluzione “più verticale e meno orizzontale” sia, a conti fatti, la strada necessaria.
Necessaria, forse, ma non è detto che basti.
Come sanno gli studenti di architettura, e come avranno imparato i visitatori della mostra, le soluzioni proposte nascono praticamente un secolo fa, quando, per altro, è diventato tecnologicamente fattibile realizzare edifici abitativi molto alti.
Come hanno cambiato la vita delle persone queste soluzioni ? L’hanno migliorata?
Il mondo è pieno di città composte da grattacieli: New York, Chicago, Tokyo, Shanghai (in Cina ne nasce una nuova al giorno, quasi). Ed anche in Europa il trend sta accelerando, con Londra in testa.
D’altra parte però, è facilmente comprensibile che la vita nei grattacieli sia sempre più disconnessa dalle condizioni di vita “naturali“, dalla “vita orizzontale“, direttamente in contatto col suolo. E ci sono molte persone a cui questo assolutamente non piace.
Padiglione Lussemburgo – The Architecture of the Common Ground: Una ricerca ancora aperta
Ecco allora che la ricerca del Padiglione del Lussemburgo va presa come punto di partenza, e, assolutamente, non come punto di arrivo.
Grattacieli e costruzioni verticali vanno inseriti in un piano urbanistico che consenta veramente ai cittadini di poter accedere ed utilizzare il suolo, che consenta veramente di ottenere del FREESPACE, senza ricadere in quella speculazione che ha portato il Lussemburgo (tra gli altri) a questo punto di crisi.
Chiudere le persone nei singoli appartamenti come si farebbe con oggetti da riporre nei cassetti di un casellario non può essere la soluzione definitiva.
Se lo spazio al suolo deve essere FREESPACE, che lo sia sul serio: vengano creati luoghi realmente belli e fruibili alla base dei grattacieli. Luoghi di aggregazione con servizi. Venga dato vero ed utile spazio alla Natura.
Alla fine della mostra avremo imparato bene le varie tipologie di costruzioni verticali. Ciò su cui bisogna però ancora interrogarsi, e lavorare sodo, è come integrare questo modo “necessario“ di fare architettura con lo spazio lasciato libero a terra, come renderlo utile e piacevole a tutti.
Come fare in modo che lo spazio “salvato“ diventi effettivamente FREESPACE, e non soltanto (come è stato in passato), un ottimo modo di speculare costruendo “più con meno”, “more with less”.
The Architecture of the Common Ground / Luxembourg Pavilion at the 16th International Architecture Exhibition of La Biennale di Venezia. © LUCA Luxembourg Center for Architecture / Alberto Sinigaglia – OpFot – In the center of the picture: the project “Highrise of Homes”, by SITE, 1981
POST SCRIPTUM: Padiglione Lussemburgo – The Architecture of the Common Ground: l’ultima genialata
E se dessimo retta a SITE (James Wines)?
Nel 1981, l’architetto ed artista americano tenta di riconciliare the desire for individuality with the necessity of high-density building, preventing the consumo del suolo. Così nasce “Highrise of Homes“, un progetto che prevede di impilare delle file di detached houses.
Ognuno avrà quindi la sua casetta, ma tutte le casette sono una sull’altra, risparmiando territorio.
Forse il progetto è provocatorio, ma riunisce bene le necessità della popolazione con quella di evitare lo spread.
Il progetto, mai realizzato, è stato comunque di ispirazione per il Frei Otto’s Berlin ecological housing project, ed altri progetti simili.
Forse è qualcosa a cui potere, e dovere, pensare più seriamente.
PADIGLIONE LUSSEMBURGO
16ma Mostra Internazionale di Architettura
La Biennale di Venezia
26.05 – 25.11.2018
Arsenale di Venezia
1mo Piano della Sala d’Armi
Castello, Campo della Tana, 2169/F
30124 Venezia
Italia
Testo di Domenico Fallacara | the PhotoPhore
Discover: www.architecturebiennale.lu