Field Hospital X (FHX) è il progetto artistico presentato nel Padiglione Israele alla Biennale di Venezia 2019 – 58ma Esposizione Internazionale d’Arte.
L’intento dell’artista Aya Ben Ron, ideatrice del progetto, è quello di indagare la reazione dell’arte ai mali che affliggono le persone e le società contemporanee. Ed il parallelismo tra “arte” e “cura dell’uomo” si esprime in modo assolutamente concreto.
Field Hospital X è infatti un’installazione site specific che occupa l’intero padiglione: un'”ospedale da campo” vero e proprio (Field Hospital) diviso in tre aree distinte, una Reception Area e due Care-Area.
L’interpretazione letterale del binomio arte-cura è al centro di tutto il progetto curato da Avi Lubin, che coinvolge, oltre agli artisti Aya Ben Ron, Idit Avrahami, Roey Victoria Heifetz & Zohar Melinek Ezra, ed un Artista Palestinese Anonimo, anche dei veri e propri esperti: un antropologo, uno psicanalista, un ginecologo, un professore di legge.
In questo ospedale artistico, il paziente-visitatore deve seguire un processo-percorso obbigato, come all’interno degli ospedali veri, dalla Reception Area alle due Care Areas. La visita “mordi e fuggi”, la corsa superficiale attraverso le opere, è proibita.
Come nella vita reale, prima ancora di poter parlare con medici e infermieri, bisogna prendere un numero per la coda, sedersi, ed aspettare.
Qui cominciano le emozioni che l’arte recupera direttamente dalla vita vera: l’ansia dell’attesa mista all’aspettativa dubbiosa su ciò che accadrà durante la cura vera e propria.
Il video proiettato nella Reception Area del Field Hospital X spiega come ai pazienti-visitatori venga richiesto uno sforzo partecipativo preciso:
Be patient.
Be a patient.
Care needs time.
Sii paziente. Sii un paziente. La cura ha bisogno di tempo.
Questo è il primo “antidoto” che viene somministrato: bisogna smettere di correre in giro e prendere atto del problema. Riconoscere che la cura è necessaria. E per far funzionare la cura bisogna dedicargli il nostro tempo, il bene più prezioso al mondo.
Una volta entrati nel giusto mood, si può iniziare. Quando sull’insegna luminosa appare il nostro numero, si può andare dalla prima infermiera per definire quale sia il male che ci affligge, e stabilire quale sia la cura opportuna.
Padiglione Israele – Field Hospital X – Biennale di Venezia 2019: Prima Care-Area – Safe Unit
Si arriva quindi alla pima Care-Area, la Safe-Unit. Realizzata sul modello delle “safe room”, questa stanza coperta da materiale imbottito, è un luogo sicuro e appartato, in cui al visitatore viene chiesto di urlare seguendo le istruzioni registrate, senza che nessuno possa guardare o sentire.
Questo trattamento segue la teoria secondo la quale è necessario “conoscere” la propria voce, e così appropriarsi di questo “potere vocale” per introiettare la certezza di avere sempre una “voce” pronta a reagire alle sfide e ai mali del mondo.
Padiglione Israele – Field Hospital X – Biennale di Venezia 2019: Seconda Care-Area – Care-Chairs
La seconda parte della cura viene somministrata attraverso singole postazioni in cui i pazienti-visitatori possono sedersi comodamente e beneficiare individualmente del “Care-Kit” fornito dal Field Hospital X.
La prima parte del Care-Kit è un video realizzato da uno degli artisti coinvolti.
A chi abbia scelto, nella Reception Area, il “problema” rappresentato dalla frase “I DO NOT WANT TO THINK ABOUT THAT” (Non voglio pensarci), ad esempio, viene somministrato il video di Aya Ben Ron, No Body.
In questo video, Aya Ben Ron parla degli abusi che ha subito da giovane in ambito familiare. Dopo anni di silenzio, l’artista è riuscita a sublimare il trauma attraverso l’arte, e pone il suo esempio come cura.
“Habit” è invece il video che narra la resistenza di un anonimo artista palestinese nei confronti dell’occupazione israeliana, ed è la cura per il problema rappresentato dalla domanda “I AM READY – ARE YOU READY?” (Io sono pronto – Tu sei pronto?).
L’alienazione dal corpo e l’identità di genere sono i temi trattati dal video “Block of Clay” di Roey Victoria Heifetz & Zohar Melinek-Ezra. La visione di questo video è proposta come cura al tema “I WONDER IF THE TIME HAS COME” (Mi chiedo se è arrivato il momento).
L’ultimo dei problemi di cui si occupa il Field Hospital X è invece contrassegnato dalla frase: “I NEVER UNDERSTOOD” (Non ho mai capito).
In risposta a questo problema è proposta la visione del video “Institutional Abduction” di Idit Avrahami, che tratta il sequestro di persona istituzionalizzato e cerca di fare luce sulla scomparsa di migliaia di neonati e bambini appartenenti a famiglie di migranti yemeniti, mizrahi e balcanici, in Israele negli anni ’50.
Dopo la visione del video artistico, è possibile guardare una serie di “seconde opinioni“, brevi video in cui gli esperti parlano dei problemi e delle soluzioni “reali“ possibili.
Padiglione Israele – Field Hospital X – Biennale di Venezia 2019: La fine del trattamento
Dopo la fine del trattamento, le infermiere consegnano ai pazienti-visitatori degli opuscoli sulla “cura” ed un braccialetto.
Sul braccialetto è riportata la frase finale del video No Body:
Here Anyone Can Live Free. (Qui chiunque può vivere liberamente).
L’imposizione “forzata” del tempo e del modo per entrare in contatto con l’arte del Padiglione di Israele, è probabilmente il suo punto di forza. Soprattutto perché, questa imposizione viene resa parte dell’arte stessa. Dover aspettare in coda non è soltanto una questione “tecnica“ dovuta al numero limitato di postazioni per la visione dei video. Al contrario, l’attesa è parte dell’esperienza della visita, è parte della “performance” che il visitatore-paziente compie nell’installazione complessiva del Field Hospital X.
L’attesa e le modalità di esperienza dell’arte proposti non sono un fine, ma un mezzo attraverso il quale ritrovare un legame intimo, personale, con l’arte. Sono un modo per essere davvero “curati” dall’arte.
Il progetto Field Hospital X si propone come un’insituzione internazionale mobile, che sarà successivamente installata in altre città in giro per il mondo. Così facendo, con il dovuto tempo e i necessari sforzi da parte degli organizzatori e dei fruitori, sarà possibile diffondere il potere curativo e salvifico dell’arte.
Perché la “cura dell’uomo” è un risultato che merita uno sforzo. E solo così, riprendendosi il tempo e l’attenzione necessarie, l’uomo può trovare un momento di vera libertà, come riporta il braccialetto.
Una libertà intellettuale e materiale, ogni giorno più rara nel nostro mondo.
PADIGLIONE ISRAELE
58ma Mostra Internazionale d’Arte
La Biennale di Venezia
11.05 – 24.11.2019
Giardini della Biennale
Castello, 30122
30124 Venezia
Italia
Testo di Domenico Fallacara | the PhotoPhore
Discover: fieldhospitalx.org