Osvaldo Licini è il protagonista della nuova mostra alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, curata da Luca Massimo Barbero: “Osvaldo Licini: Che un vento di follia totale mi sollevi“.
Aperta il 22 settembre, la mostra durerà fino al 14 gennaio 2019.
La grande mostra è realizzata in occasione dei 60 anni dal conferimento del Gran Premio Internazionale di Pittura della Biennale di Venezia all’artista italiano.
È una grande retrospettiva, dedicata al lavoro di Licini ed alla sua vita. Una mostra profonda, che prosegue il grande lavoro di conoscenza e di amore per l’arte al quale la fondatrice della collezione, Peggy Guggenheim, ha dedicato tutta la sua vita.
– Osvaldo Licini: Chi è Osvaldo Licini?
Partiamo dal principio: Chi è Osvaldo Licini?
Nell’Arte, come nella Vita, bisogna essere franchi. Osvaldo Licini non è Picasso. Non è Kandinsky. Non è Modigliani. Non è van Gogh.
E questo è chiaro. Ma, se vogliamo proprio semplificare, Licini è un po’ di tutti loro, intrecciati assieme.
Licini è stato un grande ribelle dell’arte e della cultura del novecento, in ambito italiano ed europeo, principalmente.
Sempre in cerca di ispirazioni, di nuovi modi per fare arte, e di nuove basi teoriche e filosofiche che spingano al ragionamento.
Perché l’arte di Licini non è mai gratuita, fine a se stessa. È una rappresentazione dei vari cicli del suo pensiero, tanto a livello tecnico/rappresentativo, quanto a livello teorico, di conoscenza e percezione del mondo.
L’arte di Licini è sempre sintetica, fa sintesi tra la tecnica ed il concetto, il pensiero.
Per raccontare la mostra, per trasmettere la conoscenza di questo artista, bisogna allora raccontare la vita di Licini.
Le fasi principali della sua vita (1894-1958) e della sua opera artistica, possono essere divise in 4:
- Gli inizi (anni 1910): l’interesse per la pittura ed i primi approcci, dall’arte italiana all’arte internazionale.
- La fase “realista-espressionista” (anni 1920).
- L’astratto e le Archipitture (anni 1930).
- La nascita dei suoi “personaggi“, dall’Olandese Volante e l’Amalassunta (anni 1940-1950)
– Osvaldo Licini: L’inizio della sua carriera artistica (anni 1910)
La prima opera esposta in mostra è anche tra i primi quadri realizzati dall’artista. Nato nella provincia italiana, nelle Marche, nel 1894, Licini si presenta con un suo Autoritratto dipinto nel 1913, a soli 19 anni.
L’opera ci appare già significativa: un ragazzo dal volto fiero. Lo sguardo determinato. Il viso non tradisce l’imbarazzo della prima volta.
Ma soprattutto: la pittura. Pittura spessa e graffiata, stesa quasi con rabbia, con desiderio di affermazione.
Un’inizio di tendenza espressionista per trasmettere la forza della gioventù e la voglia di avventura.
– Osvaldo Licini: La fase “realista-espressionista” (anni 1920)
Tra gli anni ’20 e gli anni ’30, Licini è spesso a Parigi. Conosce i nuovi artisti d’avanguardia, la loro arte, le loro sperimentazioni.
Ne è colpito, ma non sopraffatto. Cerca di introiettare l’avanguardia e la applica a soggetti “tradizionali“, che vengono re-interpretati attraverso la forza della resa pittorica.
I paesaggi di collina marchigiani, della sua gioventù, diventano delle forti masse di colore. Le linee si fanno più sinuose, tremano. I colori sono spezzettati in macchie che si accostano in maniera vibrante.
I paesaggi sono una sintesi dell’espressionismo forte di van Gogh e delle geometrie di Cezanne. Mai piatti, sempre vibranti, ricurvi, come in movimento.
The stupendous nudes are also contorted bodies. Marked by soft but direct lines, and filled with thick colors. Lights and shadows are clear. They give volume to the subjects. Modigliani’s lesson is well learned, and is re-proposed in a rabid way: the mass of bent bodies is conceived as something alive.
– Osvaldo Licini: l’astratto e le Archipitture (anni 1930)
Ma la curiosità artistica di Licini non ha confini.
Mette in discussione ciò che aveva fatto fino ad allora e, negli anni ’30, a Parigi, si avvicina alla nuova pittura astratta, “inventata” solo qualche anno prima da Kandinsky.
Fin da subito, però, Licini sperimenta un modo personale di interpretare la pittura astratta.
L’espressione della tridimensionalità era stato, da 500 anni, delegato alla “prospettiva”. Con la sua arte astratta, invece, Licini spezza le linee prospettiche così come spezza le linee della composizione.
E proprio gli angoli che le linee formano sulla tela, servono a trasmettere una nuova visione spaziale, tridimensionale. Come se le linee venissero fuori dal dipinto, venissero in contro agli occhi dello spettatore. Come se fosse un libro “pop-up“.
In questo periodo, una ricerca analoga, sulla tridimensionalità astratta, è portata avanti, nella scultura, da due grandi scultori italiani, amici di Licini, Fausto Melotti e Lucio Fontana. Due opere di questi artisti sono esposte in mostra, a ricreare l’atmosfera teorica.
Così il lavoro di questi tre artisti, Melotti, Fontana e Licini, vengono accomunati da un unico concetto: la ricerca dello spazio, della tridimensionalità nelle opere, tanto scultoree (e quindi “realmente” tridimensionali”), quanto pittoriche, quindi, per propria natura, bidimensionali.
– Osvaldo Licini: La nascita dei suoi “personaggi”, l'”Olandese Volante”, l'”Angelo Ribelle” e l'”Amalassunta” (anni 1940 – 1950)
L’incontro con il filosofo Franco Ciliberti porta ad un’altra svolta. Osvaldo Licini comincia a meditare sulla dimensione simbolica della pittura. Sui valori universali, e sulla capacità di raccontare storie umane e sovraumane attraverso l’arte.
Così inventa i suoi “personaggi“.
L'”Olandese Volante” è un marinaio dannato, che rappresenta il simbolo del “viaggio” come tentativo di superamento dei limiti umani.
Come spiega il curatore Barbero nel catalogo: «Può essere considerato un alter ego dell’artista che ha scelto la dimensione esistenziale dell’”errare” come uno dei poli del suo percorso sia artistico che di vita».
L'”Amalassunta” invece rappresenta «il principio femminile presente nella natura, l’archetipo di “grande madre” o “grande Venere” comune a tutte le culture».
L'”Angelo Ribelle” è «il topos del superamento del limite, nel riferimento biblico della lotta e della conseguente caduta e perdita della condizione angelica».
Figure primordiali, dunque, simboliche, ma anche fortemente intrise di umanità. Abitanti del mondo degli uomini come figure soprannaturali. Abitanti del mondo soprannaturale come figure dai tratti umani.
Perché spesso accade che nella riflessione della maturità, gli artisti tentino di fare sintesi della sintesi.
Allora Licini prova a spiegare se stesso, ed attraverso di sé, prova a districare un poco il mistero dell’umanità.
“Errante, erotico, eretico“, come si definì.
Sempre pronto a proseguire nella sua ricerca umana ed artistica, anche negli occhi di chi, oggi, riscopre i suoi quadri.
A Venezia, alla Collezione Peggy Guggenheim
Osvaldo Licini: Che un vento di follia totale mi sollevi
22 settembre 2018 – 14 gennaio 2019
Peggy Guggenheim Collection
Dorsoduro, 701-704
30123 Venezia, Italia
Testo di Domenico Fallacara | the PhotoPhore
Discover: www.guggenheim-venice.it