Non solo la Biennale di Architetura a Venezia questi giorni. Molte mostre, tuttavia, hanno una connessione con l’architettura, anche se vanno oltre.
È il caso di “Machines à penser“, la nuova mostra della Fondazione Prada, ospitata nel suo quartier generale veneziano a Ca ‘Corner della Regina, e che durerà fino al 25 November 2018.
Curata da Dieter Roelstraete, la mostra mette asseme, sotto lo stesso tetto [è il caso di dirlo] Arte, Architettura e Filosofia.
Il progetto riguarda la relazione fra tre dei più grandi filosofi del ventesimo secolo: Theodor W. Adorno, Martin Heidegger e Ludwig Wittgenstein e le loro case.
Non si tratta dei loro appartamenti in città, ma di veri eremi: luoghi isolati dove i tre filosofi hanno deciso di vivere una parte della loro vita lontano dal mondo.
Fondazione Prada – “Machines à penser”: La fuga dalla società
L’isolamento, la “fuga dalla società“, è una condizione che i tre uomini hanno vissuto in diversi tempi e che ha lasciato tracce importanti nella loro produzione letteraria.
Hidegger ha vissuto per anni in una baita a Todtnauberg, in Germania, nel cuore della Foresta Nera. Qui ha trovato la pace giusta per dare la mondo uno dei suoi lavori fondamentali: “Essere e Tempo” (1927).
Wittgenstein ha costruito il suo refugio in Norvegia, in un fiordo a cui è difficile accedere. In questo luogo isolato, la sua mente filosofico-scientifica ha elaborato il “Tractatus Logico-Philosophicus” (1921), una pietra miliare della filosofia del ventesimo secolo.
Adorno, invece, vista la presa del potere del Nazismo nella sua terra natale, la Germania, ha dovuto attraversare l’oceano, raggiungendo Los Angeles, dove ha potuto trovare la quiete giusta tper scrivere uno dei suoi libri più famosi ed intimi, “Minima Moralia” (1951).
Per ripercorrere questi eventi, negli spazi di Ca’ Corner della Regina, ci son tre installazioni principali, attorno alle quali ruota l’intera mostra.
Fondazione Prada – “Machines à penser”: Le case/installazioni di Hidegger e Wittgenstein
1. La vita di Hidegger nella Foresta nera.
La casa è stata ricostruita in scala, all’88% della dimensione originale, ed è realmente possibile entrare nell’installazione.
Nel vuoto della casa/intallazione disadorna, che contiene solo pochi oggetti, una sedia, una scrivania, così come alcune fotografie, è possibile immergersi concretamente nell’atmosfera che ha permesso al filosofo di comporre il suo lavoro.
2. La casa di Wittgenstein in Norvegia.
La casa può soltanto essere vista dalle finestre, sebbene la dimensione della ricostruzione permetterebbe di entrarci.
All’interno, sul camino centrale, c’è l’unica scultura creata dal filosofo: Head of a girl, Testa di ragazza (1925-1928), assieme ad alcuni suoi oggetti personali.
Fondazione Prada – “Machines à penser”: La casa/installazione di Adorno
3. La casa di Adorno è invece ri-creata dalla scultura dell’artista e poeta scozzese Ian Hamilton Finlay, che creò, nel 1987: Adorno’s Hut, La Capanna di Adorno.
Questa installazione re-interpreta il mito della “capanna primigenia“, amato dagli architetti e dai trattatisti come l’abate Marc-Antoine Laugier. In mostra vi è anche una stampa d’epoca del suo famoso Essai sur l’Architecture, Saggio sull’Architettura.
La capanna primitiva di Laugier, ritratta nel frontespizio del suo saggio, vuole tornare alle vere origini dell’Architettura: solo fronde e rami, disposti come colonne ed orditi a formare un tetto spiovente.
Laugier chiede: Com’è nata l’Architettura? Ed anche: Cos’è, quindi, l’Architettura?
È la scienza che permette la costruzione delle case, ripari, luoghi per l’uomo, costruiti dall’uomo. E nei quali l’uomo dovrebbe trovare le giuste condizioni di vita, il giusto distacco dal mondo, la giusta pace.
L’installazione, che richiama l’idea di ”casa“, è fatta per metà di legno e metà d’acciaio. Nell’atto di introdurre l’acciaio, si può forse leggere l’idea che l’innovazione tecnologica possa e debba seguire il concetto primigenio, che è, il “semplice” concetto di una casa per l’uomo.
Sebbene la tecnologia ed i materiali variano, la “casa“ non deve cambiare la sua “sostanza“.
Dovrebbe sempre essere un rifugio al servizio dell’uomo. Perché la relazione tra l'”uomo” e la sua “casa” è qualcosa di profondo, ancestrale, naturale. Non può essere vittima del passaggio del tempo.
L’uomo, nella sua intima natura, non è cambiato poi troppo con il passare dei secoli. È ancora un animale che ha bisogno di una “tana“, un posto in cui ritirarsi dal mondo e trovare se stesso.
Esattamente come è stato, con le ovvie differenze, per i tre pensatori.
Fondazione Prada – “Machines à penser”: Le altre opere
Partendo dai tre protagonisti, Adorno, Hidegger e Wittgenstein, una serie di lavori si dirama per arricchire la mostra e per estendere la ricerca.
La figura di Adorno, il suo abbandono forzato della sua casa in Germania e la relazione tra “spazio“ e “pensiero“, sono esplorati attraverso i lavori di artisti come Susan Philipsz, Ewan Telford, Patrick Lakey ed Anselm Kiefer.
Nella casa di Hidegger, invece, ci sono foto di Digne Meller-Marcovicz, che ha ritratto il filosofo e sua moglie a Todtnauberg tra il 1966 ed il 1968.
Ci sono le foto stampate di due opere d’arte presenti originariamente nella casa, assieme ad oggetti ceramici di Jan Bontjes van Beek.
Anche i lavori in mostra di Giulio Paolini, Sophie Nys, Iñigo Manglano-Ovalle e Paolo Chiasera derivano dal pensiero di Hidegger.
La casa vuota di Wittgenstein sottolinea il sentimento di “isolazione“, di “pace“. Proprio da questa aspirazione umana, la ricerca della “pace interiore“, prende spunto il lavoro, tra gli altri, del collettivo norvegese composto da Sebastian Makonnen Kjølaas, Marianne Bredesen e Siri Hjorth, dall’artista Jeremy Millar e dal fotografo Guy Moreton.
Prada Foundation – “Machines à penser”: Saint Jerome
Oltre ad i tre pensatori del Novecento, c’è un altro protagonista della mostra: San Girolamo.
Il santo, padre e dottore della Chiesa, visse una parte della sua vita come ancoreta, isolato da tutti.
Proprio nel suo isolamento egli avrebbe incontrato un leone ferito che, una volta guarito, gli sarebbe stato accanto in segno di gratitudine.
In “Machines à penser” sono esposti dipinti e stampe rinascimentali che ritraggono il santo ed il suo leone, mentre vivono assieme in pace.
Un altro uomo (con un leone) in una casa diversa, che meglio gli si adattava.
“Machines à penser” è una mostra sulla “casa“, ma soprattutto sull'”uomo“. E su come la relazione tra “uomo“ e “casa“ possa indirizzare l’intera esistenza.
Ciò che possiamo vedere e percepire è quanto importante sia il collegamento tra l’essre umano e il contesto nel quale vive. Quanto il “luogo” possa dargli sollievo, possa confortarlo ed ispirarlo, spesso più degli altri esseri umani.
Una “casa naturale“, fatta a misura dell’uomo che la abiterà, è un requisito primario per la vita dell’uomo stesso.
Se questa “casa-capanna“, assieme con l’isolamento dagli altri uomini, siano le chiavi per produrre grande filosofia, non è detto.
Ma, certamente, possono aiutare.
Machines à penser
26.05 – 25.11.2018
Foundazione Prada
Ca’ Corner della Regina
Calle de Ca’ Corner,
Santa Croce 2215
30135 Venezia
Text by Domenico Fallacara | the PhotoPhore
Discover: www.fondazioneprada.org