Philip Slagter è uno degli artisti che ha vissuto e scritto la storia dell’Arte Americana negli ultimi 50 anni.
Ormai più che settantenne (ma non per questo meno attivo), è considerato uno dei primi artisti del Pop Surrealism, tra le più attive e durature correnti artistiche puramente americane.
Il Pop Surrealism nacque infatti a Los Angeles, nei tardi anni ’70: era il frutto di una sottocultura che nasceva dai più diversi contesti, dai comics alla Tiki culture, passando per la hot-rod.
Un insieme eterogeneo di riferimenti culturali dei quali si cibavano quotidianamente i giovani artisti dell’epoca.
Come in tutte le esperienze (anche artistiche, of course) della sua vita, Philip Slagter ha seguito una traiettoria a zig zag, che ha arricchito il suo bagaglio culturale ed impreziosito la sua produzione artistica.
Nato nel pieno centro-sud degli USA, a Norman, in Oklahoma, Philip ha avuto le sue prime lezioni d’arte da suo nonno, pittore dilettante, che gli ha insegnato a dipingere uccelli ed animali.
I primi contatti con l'”arte professionale” li ha avuti alla Indiana State university, prima di trasferirsi a New York City per lavorare come graphic designer ed illustratore.
Qui, oltre alla cultura commerciale dell’arte, Philip è venuto a conoscenza della nascente arte underground (graffiti e street art), così come dell’arte antica, custodita nei musei della città.
Ma il suo giro dell’America non era affatto finito: dal Connecticut al New Mexico, dove ha vissuto nel deserto venendo a conoscenza della comunità di Latinos locale e del loro forte uso dei colori nell’arte.
Il naturale slancio del viaggio l’ha portato sempre più ad Ovest: agli inizi degli anni ’80 si trasferisce a Los Angeles, ed entra a pieno nella fervente comunità artistica cittadina.
Riesce a vendere l’intero corpus dei suoi lavori, e così decide di andare ancora più ad Ovest, dall’altra parte dell’Oceano Pacifico.
Thailandia prima, poi Macao, Cina, Indonesia, Africa, intervallate da ritorni intermittenti negli Stati Uniti, dove ha dipinto molti murales and sculture per i casinò di Las Vegas come Mandala Bay, Bellagio e Luxor.
Nel 2012 un drammatico lutto ha colpito sua figlia diciassettenne, a cui era molto legato.
Per quattro anni l’intera esistenza di Philip è stata come “sospesa”. Non riusciva a trovare più la giusta forza per la vita e per l’arte.
Un giorno però, proprio grazie alla forza ritrovata nel ricordo di sua figlia e del suo amore per lei, Philip ha ripreso a dipingere, trasferendo nei suoi quadri tutto il retaggio della sua lunga ed articolata esistenza.
Tra le sue ultime mostre, ce n’è una molto importante, nel 2017 alla La Luz De Jesus Gallery a Los Angeles, California, una delle prime e più note gallerie del Pop Surrealism al mondo.
Conosciamo meglio i suoi lavori attraverso una lunga intervista che gli abbiamo fatto, che pubblicheremo in due puntate.
Cominciamo:
The PhotoPhore: Parlando di Pop Surrealism: ci sono tanti riferimenti culturali alla base di questo movimento artistico.
Hai una tua idea di quale possa essere la definizione di questo modo di fare arte?
Philip Slagter: Non penso di poter definire il Pop Surrealism. È meglio lasciarlo a storici, critici e simili. Come per la maggior parte dei movimenti, gli artisti realizzavano già cose simili decenni e persino secoli prima che il loro lavoro fosse congelato in un movimento artistico etichettato.
Ad esempio Hieronymus Bosch. Potrebbe essere il padre del Pop Surrealismo e togliere il titolo a Robert Williams? Il suo lavoro è stato certamente il riflesso della cultura popolare in quel momento. Ma all’epoca non esisteva un “mondo dell’arte” o un sistema di gallerie, quindi un “movimento” non era necessario.
Per quanto mi riguarda, faccio riferimento a tutta la cultura storica disponibile, passata o presente, come la cultura popolare di questo XXI secolo digitale, fatto di informazione e comunicazione. In questo senso uso le immagini pop come miei riferimenti.
Miliardi di immagini galleggiano nell’iperspazio. Migliaia di queste immagini sono impresse inconsciamente nel nostro cervello. La Cultura Pop adesso cambia in pochi minuti. Concetti, stili, immagini e meme diventano “virali“.
Quindi mi sembra che il “Pop Surrealismo” sia ormai un movimento storico e il pubblico stia appena diventando consapevole di ciò. Così presto sarà sostituito dal prossimo movimento “famoso”.
Philip Slagter, Molecular Martyrdom. Courtesy of the Artist
T.P.P.: Cosa ti ha spinto verso questo tipo di arte?
P.S.: Non credo di essere stato “spinto” verso il Pop Surrealismo. Non so nemmeno se questa etichetta è adatta al mio lavoro. Sembra essere l’ultima etichetta che mi è stata applicata dalle gallerie.
Capisco la necessità delle etichette, dal punto di vista finanziario e possibilmente anche storico. Ma le etichette sono una cosa pericolosa per la crescita personale in ogni aspetto della vita, non solo delle arti. Dopo tutto, se accettiamo le etichette che ci vengono date, da noi stessi o da altri, chiudiamo tante porte ad altre possibilità e ci ritroviamo da soli in una stanza dalla quale non possiamo sfuggire.
Il mio lavoro degli anni ’70 ha aspetti di questo movimento anche se all’epoca l’etichetta non esisteva.
Ricordate, eravamo appena usciti dal periodo della Pop Art degli anni ’60. Mi piacevano anche i “fumetti underground” degli anni ’60. Crescendo in Indiana, ero anche a conoscenza del gruppo di artisti “Hairy Who” a Chicago, Illinois.
A mio avviso, potrebbero essere stati i primi progenitori del movimento ora chiamato “Pop Surrealismo”. Queste erano tutte influenze, ma io non volevo consapevolmente adattarmi a uno stile o essere parte di alcun movimento. Piuttosto volevo scegliere la mia strada.
Ricordate nel romanzo di Hermann Hesse, Siddhartha, quando Siddhartha e Govinda incontrarono il Buddha e Govinda rimase con il Buddha come discepolo, ma Siddhartha andò per la sua strada.
E, parafrasando a memoria, Siddhartha disse al suo amico: “Come posso diventare il Buddha se seguo il Buddha?“.
Ero giovane e facilmente influenzato dall’idea che avremmo potuto incorporare la cultura pop nell’arte in un modo non conforme alle “regole“.
A posteriori, non credo di essere stato consapevole di questo concetto in quel momento. Semplicemente “dipingevo“ e reagivo alla vita intorno a me.
Il lavoro che faccio ora è solo l’estensione di un lungo processo di esplorazione. Un’esplorazione degli aspetti formali, ma ancora più importante, un’esplorazione e una celebrazione della vita intorno a me, la mia vita e la relazione di tutti e tutto con essa.
T.P.P.: Oggi è difficile parlare di “movimenti” artistici, che fanno riferimento ad un preciso manifesto, come fu il “Futurismo” o il “Surrealismo” europeo degli inizi del XX secolo.
Il Pop Surrealism ha comunque avuto una certa forma di “definizione”, specialmente nell’area di Los Angeles, tramite, ad esempio, la rivista Juxtapoz by Robert Williams.
Ti senti parte di questa tendenza artistica? L’idea di “Pop Surrealism” ha direttamente influenzato la tua arte? Se sì, come? Altrimenti, perché pensi di no?
P.S.: Anche se non è mai stata mia intenzione, avrei dovuto dire che sono stato cooptato in questo movimento e in questo senso, sì, ne faccio parte. Non mi sento affatto costretto da questo, perché ho evitato con successo di trasformare il mio lavoro in parte di qualsiasi movimento di cui sono a conoscenza da 50 anni.
Seguendo qualsiasi movimento un artista limita le proprie potenzialità alla scoperta dell’ignoto all’esterno e all’interno di se stessi.
Ovviamente dovrei dire che il “Pop Surrealism” ha influenzato la mia arte ma non più di ogni altra opera d’arte o movimento individuale di cui sono stato informato.
Fauves, Der Blaue Reiter, Surrealismo, Cubismo, Realismo fotografico, Ukiyo-e, Arte regionale di fauna selvatica, Anime, sembrano essere tutti uguali per me se guardiamo alle loro radici. Le loro radici sono solo l’artista e il lavoro. I “movimenti” vengono in seguito per diverse ragioni.
Il mio obiettivo cosciente da giovane era, come è oggi, è di perseguire la “verità“ o la “realtà“ attraverso la pittura ovunque mi porti. Adottare un movimento per me sarebbe stagnazione.
T.P.P.: Credi davvero che il Pop Surrealism sia una corrente artistica Lowbrow? O è solo un modo di “distinguersi” dall’arte “tradizionale”?
P.S.: Per quanto ne so io, il Pop Surrealismo nacque dalla divulgazione del termine “Lowbrow Art” [Arte volgare] coniato da Robert Williams come titolo per il primo libro venuto fuori dalla sua arte.
Lo ha chiamato “Lowbrow” in opposizione al termine popolare “Highbrow” art [Arte intellettuale].
Come in tutti i movimenti, gli artisti lavorano da soli. Quindi, per una delle tante ragioni, qualcuno li raggruppa e contrassegna il proprio lavoro. Potrebbe essere per amore dell’arte, ma potrebbe anche essere per guadagni finanziari o sociali.
Quindi sì, è un modo per distinguersi dall’arte tradizionale o da qualsiasi altra etichetta d’arte. Ma non più di ogni altro movimento prima di esso.
Ad esempio l’inizio del movimento Avant Garde in Francia ed il successivo “sistema di gallerie” che ha generato. Potrebbe esserci qualche correlazione tra i movimenti populisti globali attualmente in corso e l’interesse per l’arte bassa o popolare. Non ho dubbi sul fatto che ne usciranno opere che si vendono per milioni di dollari.
Man mano che le strutture di potere cambiano, cambia anche la cultura.
Tra poco pubblicheremo la seconda parte dell’intervista!
Testo di Domenico Fallacara | the PhotoPhore e Philip Slagter
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